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March 9th , 2020 Tagged with:

 

 

Araldica- Stemmi Farnesiane  a Vetralla  -clicca su Stemmi Farnesiane  per  leggere  l’articolo

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Ferento  visto  dai viaggiatori  stranieri  ferentcover 

 “Days near Rome” due volumi scritti da  Augustus Hare  e pubblicati nel  1884 raccontano   della visita a Ferento durante il suo viaggio fra Viterbo e Montefiascone. Hare descrive  le rovine incontrate  a 5 miglia da Viterbo: Le Casacce, Bacucco e  La Lettighetta  e poi  Ferento:

“Più a ovest abbandonata nella pianura distesa sono le rovine chiamate Ferento, della citta Etrusca Ferentinum  descritta da Orazio.  Doveva essere  un quieto  villaggio  di campagna ma Suetonius dice che era il posto natale dell’ imperatore Otho mentre  Tacito racconta   che era il sito del tempio di Fortuna. Continuava ad esistere nell’era medioevale. Era il sito della sede episcopale ma era completamente distrutto nell’11° secolo dalla gente di Viterbo perché  i cittadini avevano commesso l’eresia di rappresentare la figura di Cristo sulla croce con gli occhi aperti invece che chiusi! Nell’ area della città i pezzi medioevali sono misti con fondazioni romane e blocchi  squadrati di pavimenti in basalto. La struttura più grande è il Teatro che è posato sul  precipizio. Ha sette porte e il palcoscenico è di 136 piedi in lunghezza, costruito con  grandi blocchi rettangolari  di pietra vulcanica senza malta”

 

Egerton  R.Williams, l’ autore di  “ Hill Towns of Italy “ visita il Viterbese  nel 1903 e   fa una minuziosa descrizione del sito di Ferento.    “

“Siamo tornati alla strada e andando  qualche miglia  fino a un promontorio dove si trovano  le rovine di Ferentinum.  Questo promontorio era situato fra due vallate come una penisola,  era nudo di alberi ma con  colonne rovinate, mura e archi  che uscivano qui e li dall’erba. Della storia di questo posto qualcosa  è conosciuto. Era una delle grandi città dell’Etruria, ricca e potente, dove è nato l’Imperatore Otho, e fu distrutta da Viterbo nel undicesimo secolo.  Ci siamo avvicinati alla massa di rovine sopra  l’antica strada soprelevata. L’antica strada era ancora visibile qui e li, enorme massi, livellati  sulla superficie  e uno a tre piedi di profondità. Alcune grandi tombe romane di mattone imperiale, senza  i loro marmi, stavano lungo la via, questi  erano sicuramente fuori le mura della città.

Dentro le tombe vedevamo solo  le nicchie dove una volta c’erano le urne cinerarie. Due gendarmi  si sono avvicinati  per accompagnarci per garantire  la nostra protezione. Camminavamo  per un altro miglio,  fra  frammenti indistinguibili di mattone e pietra che furono porzioni degli edifici dentro le mura, e ancora seguendo  la vecchia strada romana con  il suo pavimento massiccio, siamo arrivati a un teatro preservato in modo eccezionale.  Era una sorpresa e un piacere trovare  questa splendida  reliquia di lavoro romano.

Era un teatro, non un anfiteatro  e molto superiore in preservazione di quello di Nimes.   Scavato dalla collina, come usuale, ma con una fila di archi  necessari per supportare i posti più in alto. Quella fila  è ancora in piedi intatta, costruita di pietre enormi  incastrate  bene senza malta. I posti a sedere sono spariti per via della  spoliazione di marmi durante il medioevo: ma  la terra doveva  scendere giù  in semi cerchio fino al palcoscenico   ben preservato. Il muro altissimo dietro  la scena, con le nicchie per le statue degli dei e i camerini ai lati sono  intatti, meno il tetto.  Il pavimento del palcoscenico era collassato nelle cantine quando  il tetto è caduto.  Il teatro era decorato riccamente: abbiamo trovato frammenti di marmi colorati, bellissimi nelle venature portati li durante l’impero romano. 

Colonne romane di marmo prezioso avevano supportato  il tetto e decoravano  le facciate, i frontoni  e i fregi  erano tagliati con rilievi splendidi. Il mio compagno mi ha informato che, solo pochi mesi prima, i  contadini avevano cominciato a scavare dentro il teatro e avevano già trovato una statua di marmo che era stato  portato via.  Il governo fermò questo scempi e dopo poco  scaverà completamente il sito. Ferentinum era evidentemente un posto di grande ricchezza sotto i romani e forse tesori d’arte molto importanti usciranno  da qui. I gendarmi ci hanno riaccompagnati fino alla carrozza. Il mio compagno confessava che lui ha detto a un amico, (un ufficiale), che andavano su questa gita. Ecco perchè  c’erano i protettori. Ma quella sera ebbe  una buffa fine. Quando il colonnello arrivò in  nostro albergo si arrabbiò con noi per  essere andati dicendo che la campagna   non era ancora sicura. Se lui avesse saputo della gita  avrebbe fermata la nostra partenza. “

Mary Lovett Cameron  parla di Ferento (Ferentum) nel suo  “Old Etruria and Modern Tuscany, pubblicato nel   1909  

“Ferento dista circa 5 miglia da Viterbo. Era celebrato come posto natale dell’ imperatore Otto  nei tempi romani ma non c’è menzione  fra le città etrusche. Continuava ad esistere sotto i romani  e possedeva oggetti di quei tempi ma  le tombe erano di  origine etrusca. Il teatro, che fà di Ferento un posto celebrato come quello di Fiesole, aveva una situazione dominante: sul precipizio sopra una vallata  di alberi e più in là i  deserti della Maremma e le montagne distanti. Molto impressionanti sono gli avanzi: il grande e massiccio palcoscenico lungo 136 piedi  e ben preservato, 7 porte e i primi dieci massi delle mura  sono in pietre  squadrati senza malta.  Sopra sono i restauri in mattoni romani. Nella parte esterna dell’auditorio gira un semi cerchio di archi, di venti per completare il semi cerchio sono in piedi solo sei o sette. Vitruvio descrive Ferento che era celebre per la bellezza delle edifici pubblici  ma questo è tutto quello che ci rimane di queste bellezze antiche. Se ulteriori scavi  possono  portare a qualcosa di importante è dubbioso: forse la gloria di Ferentum, come quello dei altri siti simili, è perduta  per sempre”.

Nel 1908-09 si svolge il più massiccio intervento di scavo sul sito di Ferento ma si fermò per cause burocratiche  e per  la  morte prematura di Luigi Rossi Danielli.  Gli scavi vengono ripresi nel  1920 quando  Sir Capitano Alexander Hardcastle  donò la somma di 100.000 lire in onore di George Dennis,  come ricordato dall’ epigrafe  posta sulla porta d’ingresso del Teatro di Ferento. Il Capitano Hardcastle,  un archeologo  non professionista, viveva durante l’inverno ad Agrigento dove contribuì al ritrovamento del tempio di Ercole. Durante i mesi estivi (da maggio a ottobre) fuggiva dal caldo siciliano  e arrivava a Viterbo per seguire gli scavi a Ferento e  alloggiava a Villa Balestra sulla Palanzana.

 

Olave Muriel Potter  “A Little Pilgrimage in Italy” pubblicato nel  1911 fa una lunga e romantica descrizione del sito di Ferento :

“  Una giornata di tempo bello , abbiamo guidato attraverso le pianure  dell’Etruria fino alla città rovinata di Ferentinum.  Era la più gioiosa delle giornate, l’ultime, ma allora non lo sapevamo, delle nostre peregrinazioni  senza pensieri. La  mattina dopo  è arrivato l’autunno con le piogge e venti freddi. Dovevamo sbrigarci a raggiungere  i nostri bagagli che erano stati spediti a Roma.  Ma quel giorno c’era una bellezza speciale nelle pianure  splendide che una volta erano  abitata dalle persone delle città scomparse dell’Etruria.  Qui abbiamo trovato lo stesso incanto che abbiamo visto nei prati di Roma – il silenzio,  i moscerini sospesi nell‘aria in masse scintillanti come se  danzassero in un retino invisibile. Gli usignoli che cantano nella distanza azzurra, la canzone di un  contadino nascosto nella vallata  che estende dai nostri piedi fino alla strada polverosa perdendosi  e sopra le colline più in la.   Molto avanti  c’è Montefiascone con la sua  grande cupola  sopra  i boschi di lecci.  Alla destra, blu e misterioso nella luci della prima mattina,  c’era lo scuro Monte Cimino  nella nebbia con le colonne di  fumo come se i taglia legna o i pastori della zona delle foreste incantante stavano facendo  offerte di incenso agli Dei.  E una volta abbiamo visto una dozzina di buoi che aravano la terra pesante e marrone con il sole che illuminava i loro fianchi che fumavano e scintillavano sulla terra appena mossa dietro di loro. 

Così poco è cambiato in questa pianura immemorabile, dai giorni quando Roma aveva paura di entrare nei recessi scuri della foresta Cimina e i Lucumoni  d’Etruria vivevano con energia nelle piccole città sotto il nome di Voltumna!   Se l’umanità è cambiata, la Natura è ancora uguale: quei buoi in movimento sono sulle tombe di Tebe  i poeti antichi  hanno cantato di questi selve oscura e pianure profumati e i contadini al lavoro. La strada era lunga prima della nostro arrivo, fra  aiuole  fiorite di camelia japonica, fino a un postazione di Ferentinum sopra la verde vallata di Acqua Rossa. Una tomba mai usata che era una casa per i vivi molto tempo dopo  la polvere dei poveri morti dimenticati e stato buttato ai venti. 

  Qui siamo scesi da cavallo e siamo andati su una strada  con polvere morbida e marrone dove i nostri piedi sono affondati senza suono. Quì abbiamo visto i selci di  basalto  che marcavano  la direzione della strada romana.    Fra la vegetazione,  sui lati c’erano tombe mezze demolite, un colombario per le urne cinerarie, poi una nicchia e solo un po’ di rocce accatastate.  La terra si sta di nuovo riprendendo  questa antica città vicino al suo cuore di nuovo.    Da quel giorno non ci sono state abitazioni umane a Ferento,  solo  la casupola del pastore-guida. Ma questa città mezza scomparsa di tre civiltà è piena di charm perche il sole e il vento l’ha riempito con fiori,

Nel libro di James Sully  Italian Travel Sketches  (1912, London)  Ferento  è menzionata  insieme ad altri   posti fuori le mura di Viterbo come  Il Bullicame e  Montefiascone .Il visitatore  dovrebbe fare escursioni piu lunghe e andare alle rovine di Ferento,  la citta ostile distrutta dai viterbese, che sta su un altura con   belle viste. Lì troverà  i resti di un primitivo teatro etrusco romano. Altre città che hanno avuto  momenti ostili con Viterbosono Montefiascone sulla collina alta  1.000 piedi  e Vetralla, dove, anche se  ha  poco di interessante, si può camminare fino alla romantica Vallata  di Norchia e vedere  la serie di  tombe come templi scolpiti sulla facciata di  pietra gialla. “

Mary Jane Cryan  

 

 

 

 

 

 

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